Offerta dei Ceri 2024: il discorso del Vescovo Gianpiero Palmieri

La riflessione del Vescovo Palmieri sulla democrazia e l’esempio che possiamo prendere dagli arcieri, sbandieratori e dai tamburini

Offerta dei Ceri 2024: il discorso del Vescovo Gianpiero Palmieri

Carissimi!

E’ un appuntamento annuale straordinario, la festa del nostro patrono!

Quello che in realtà festeggiamo è il fatto di aver ricevuto da lui il dono più bello, il Vangelo. Emidio e i suoi compagni sono così affascinati dagli insegnamenti e dalla persona di Gesù, da dire di sì alla missione affidata dal Papa di portarlo nella terra dei Piceni.

Emidio e i suoi compagni sono davvero convinti che la Parola di Dio può cambiare il mondo, perché è Parola di Dio. Non è solo la consegna di una dottrina, magari esoterica, da far conoscere ad un’élite ristretta di persone, ma è l’annuncio rivolto a tutti dell’Amore di Dio, del suo Perdono, della Speranza che viene da Lui; un annuncio che sana le ferite del cuore e lo muove alla fraternità universale. Questi evangelizzatori sono sicuri che stanno portando qualcosa di profondo, di vitale, di dinamico, pieno della potenza dello Spirito, della Grazia di Dio.

La testimonianza di Emidio è davvero molto ricca e ogni anno in questa occasione, ne valorizziamo e sottolineiamo un aspetto.

Nel 2022 ho sottolineato che il Vangelo di Emidio ci ha insegnato a non aver paura dei poteri forti (gli “dei capricciosi” dei pagani) ma a confidare nello Spirito di Dio che ci insegna a rinascere e a ripartire (era il dopo covid).

Nel 2023 pensando alla paternità di Emidio, che non esita a dare la vita per amore del nostro popolo, ho invitato tutti a riscoprire la propria vocazione di padri e madri, vocazione “comune” perché tutti siamo chiamati ad essere comunità che genera alla vita e alla fede, prendendoci cura dei nostri ragazzi.

Quest’anno vorrei sottolineare che Emidio ci dice qualcosa sulla libertà e regalità di ogni uomo.

Vedete, Emidio è festeggiato tutti gli anni il 5 agosto, con un rito che si svolge sul sagrato della Cattedrale e che conoscete bene: alle 5.30 del mattino il Vescovo si riunisce, davanti a una folla non piccola di persone, per benedire il basilico.

Sempre le tradizioni antiche custodiscono un significato profondo che chiede di essere scoperto e di essere attualizzato nell’oggi.

Perché il basilico? Come nasce la benedizione del basilico?

Voi conoscete la leggenda: quando nell’XI secolo il corpo del Patrono da viene portato Sant’Emidio alle Grotte in Cattedrale, la tomba di Emidio è riconoscibile perché circondata da piante di basilico.

Ma perché intorno alla tomba del Patrono la tradizione mette questa pianta e non un’altra? Non per motivi gastronomici: in realtà il basilico si usa in cucina solo dalla fine del XVIII secolo.

Probabilmente per il suo nome. Basilico significa la pianta regale, la pianta del Re.

Se la leggenda la colloca intorno alla tomba di Emidio è per sottolineare che egli è vissuto ed è morto da Re. Perché? Perché è stato un uomo libero. Come si sa, i Re non subiscono i condizionamenti da parte degli altri o dalle vicende della storia: i Re cambiano la storia con le loro decisioni, non la subiscono, non ne sono determinati. Emidio non ha subito la sua condanna a morte, ma con un atto veramente regale, di sovrana libertà, l’ha abbracciata, come tutti i martiri, e ha cambiato la storia proprio con il sacrificio della sua vita.

Un tempo, in Israele, un ragazzo come Davide, sconosciuto a tutti ma non a Dio, poteva diventare re perché il profeta mandato da Dio lo sceglie e lo unge sul capo con olio misto a profumo: il crisma.

Da quel momento in poi, il nuovo re, pieno di Spirito Santo (il crisma è simbolo dello Spirito di Dio), diventa il buon pastore del suo popolo ed è suo compito aver cura di tutti i suoi sudditi, in modo particolare, così prevedeva la bibbia, dei piccoli e dei poveri.

Ma nella Chiesa fin dall’inizio, grazie al Vangelo di Gesù, le cose cambiano radicalmente e le prospettive diventano molto più belle: non sono più “alcuni” che diventano re grazie all’unzione crismale, ma tutti in Cristo (è questo il messaggio del Vangelo) sono re, in quanto figli di Dio e liberi, schiavi di niente e di nessuno.

Tutti! Tutti quanti i discepoli di Gesù, tutti gli uomini, perché a tutti è stata data la stessa libertà e la stessa regalità.

Tutti sono chiamati ad esprimere la ricchezza che si portano dentro per cambiare il mondo e per renderlo migliore.

Questo è vero in particolare per ciascuno di noi cristiani: il giorno in cui siamo stati battezzati siamo stati unti con il crisma e ci è stato detto: “ricordati! tu sei un figlio libero di Dio, tu sei re, sei sacerdote, e profeta.

La tua vita è nelle tue mani, il mondo è affidato a te, perché Dio non ha dei sudditi, lui che è Re del Mondo, ma ha soltanto figli di dignità regale che regnano insieme con lui!

Dio vuole regnare con te e questo ce lo ricorda il brano della prima lettera di Pietro che abbiamo appena proclamato: se ci stringiamo a Cristo, Pietra viva, diventiamo anche noi pietre vive, un edificio spirituale, un Popolo regale e sacerdotale.

Questo messaggio così bello, contenuto nella Scrittura, è di una potenza incredibile.

Nel corso dei secoli ha cambiato la storia. Da diversi decenni ormai, da quando il Concilio Vaticano II ha riscoperto l’antico insegnamento dell’unzione regale di tutti i battezzati, la Chiesa Cattolica non unge né incorona nessun re politico (diverso è per la Chiesa anglicana, che unge ancora il re d’Inghilterra!)

Ma certe cose diventano chiare solo con il tempo e con il passare della storia. È da questa radice, dalla radice del Vangelo che afferma la regalità universale, che emerge un’idea molto importante, l’esatto opposto dell’istituzione della monarchia, che è appunto l’idea della democrazia.

La democrazia rappresenta la forma migliore di governo della realtà pubblica, perché garantisce che tutti siano re ed esprimano la propria regalità nello spazio pubblico.

So bene che all’inizio, quando questa parola, democrazia, cominciò ad essere usata, la gerarchia cattolica e i papi la guardarono con molta diffidenza e sospetto. Qualcuna l’ha combattuta perché si metteva in discussione il potere assoluto dei sovrani e allora il Papa era un sovrano assoluto. Solo con il tempo la Chiesa ha riconosciuto la bellezza di questa forma della vita sociale, e ha percepito la sostanziale linearità del processo culturale che l’aveva prodotta: un processo che prendeva le mosse dalla “polis” greca ma di cui faceva parte anche la visione cristiana della regalità universale contenuta nel Nuovo Testamento.

Quando finalmente ha avuto fine la questione del potere temporale dei Papi, emerse con chiarezza che in realtà la democrazia era senza dubbio in linea con la dottrina sociale cristiana.

Dopo la fine della Seconda Guerra Mondale e la fine dei regimi dittatoriali del ‘900, tanti pensatori cattolici, insieme ad altri pensatori di area socialista e liberale, hanno dato forma alla vita democratica del nostro Paese attraverso l’elaborazione della Costituzione.

Voglio richiamare questo aspetto perché questo anno, durante la Settimana Sociale che i Cattolici che si è tenuta a Trieste all’inizio di luglio, sullo stato della democrazia nel nostro Paese ci si è soffermati molto; importantissimi sono stati i contributi del presidente Mattarella e del Papa.

Vorrei fare un appello che rivolgo a me, a voi, a tutti: la democrazia non è un insieme di regole (le regole del gioco comune), non è prima di tutto un metodo. La democrazia è quell’insieme di valori e convinzioni condivisi, che sono patrimonio di tutti, per cui la democrazia (ci ha detto il Presidente) ha un’anima e quando perde questa anima, si ammala e alla fine si perde tutto. Se invece cerchiamo in ogni tempo di riscoprire, declinare, attualizzare questi valori, ecco che la democrazia è in costante inveramento.

L’anima della democrazia è che gli uomini sono tutti uguali e quindi hanno gli stessi diritti, che devono essere rispettati e custoditi. Dobbiamo garantire a tutti di vivere in questo tempo esprimendo la propria originalità e dando il proprio contributo (ad esempio: attraverso il lavoro) alla vita comune.

Quando una società difende soli i privilegi di pochi, quando vede crescere la povertà di tanti e non “batte ciglio”, quando l’accesso alle cure sanitarie non è garantito a tutti, quando… quando… Dobbiamo essere lucidi e consapevoli che ciò che è in gioco è la vita stessa di quella società, l’anima che la tiene, vale a dire quei valori condivisi che sono alla base della democrazia.

Il secondo aspetto che volevo sottolineare: se siamo re, liberi, come Emidio ci ha insegnato, siamo chiamati non soltanto a far rispettare i nostri diritti ma ad avere il dovere di farci vicini gli uni e gli altri e di promuovere il bene comune. Emidio è re perché liberamente dona la vita. La regalità di Gesù si realizza nella sua sovrana libertà di salire sulla croce e donare la vita.

Il suo trono è la croce e la sua corona è fatta di spina e accanto, come primo e secondo ministro, ha due maledetti della storia umana. Anche questo fa parte del patrimonio di valori della democrazia. Non solo la libertà e i diritti; ma anche il dovere della solidarietà e della ricerca del bene comune.

Il mettere al centro i più poveri e gli ultimi, non per elemosina ma per giustizia e convinzione, è il segno di una società che sta crescendo nella direzione di quei valori che rendono possibile la vita democratica.

Un ultimo pensiero.

Siamo oggi qui a rivivere, attraverso la rievocazione della Quintana, il nostro glorioso passato. Oggi siamo in costume, sembriamo personaggi del passato! E’ un grande gioco che ci piace: una città che ricorda il suo passato. Aggiungerei: che ricorda le cose che sono a pilastro della nostra vita, quelle che da Emidio in poi ci sono state insegnate e che abbiamo fatto nostre.

La città di Ascoli al tempo del medioevo non era peggio o meglio di oggi.

Aveva tanti problemi, tante contraddizioni e tante incoerenze rispetto alle istanze del Vangelo.

Pensiamo alla condizione delle donne, pensiamo alla lotta tra le famiglie potenti; pensiamo ai poveri considerati cittadini di serie B; pensiamo al sopruso di certi personaggi che diventavano dittatori della città, pensiamo allo strapotere dei principi, che fossero il Vescovo o i vassalli dell’Imperatore. Sempre la nostra città, come ogni città, ha fatto fatica a incarnare i valori del Vangelo.

Però la storia della nostra città non si è fermata, è arrivata fino al punto da far maturare questi valori e a incarnarli nella sua vita. Soltanto se si incarnano nell’oggi, nelle mutate condizioni, ecco che diventano vivi. La democrazia diventa una realtà viva nel momento in cui la esercitiamo. Allora impariamo da quello che oggi festeggiamo, impariamo dal Vangelo che Emidio ci ha portato, a vivere davvero con uno stile che punta al bene di tutti e alla partecipazione di tutti: alla democrazia e alla solidarietà.

Impariamo dagli arcieri: gli arcieri puntano a fare centro. “Peccato” (amartìa in greco) è invece “sbagliare il bersaglio”. Impariamo a fare centro nella nostra vita personale e comunitaria: faremo sempre centro se custodiremo i valori della democrazia!

Impariamo dagli sbandieratori: ci vuole pazienza per imparare a far sventolare le bandiere all’unisono e a scambiarsele gli uni con gli altri. Senza gli altri, se faccio lo sbandieratore da solo, l’effetto non è gran ché! Ci vuole intesa tra gli sbandieratori per fare uno spettacolo davvero bello!

Impariamo dai tamburini e dalle clarine a suonare a ritmo la musica e a camminare insieme sullo stesso ritmo e sulla stessa musica! Se la musica è il Vangelo portato da S.Emidio, il ritmo che sostiene il cammino di tutti è lo sforzo di custodire la nostra vita democratica e la ricerca del bene comune. A questa musica, a questo ritmo, siamo chiamati a camminare e a danzare.

Carissimi e carissima città di Ascoli: buon Sant’Emidio a tutti.

Il video del discorso

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