Solennità di Sant’Emidio 2024: l’omelia del Vescovo Gianpiero
Carissimi!
Rimango sempre commosso nel vede quanto bene volete a S.Emidio! Davvero una folla imponente che fin dalle prime ore del mattino viene a celebrare l’Eucarestia in Cattedrale, scende in cripta per pregare S.Emidio.
Certo, lui è il protettore contro i terremoti! Ma questa presenza così grande, questa devozione così diffusa non si spiega solo con la paura per il terremoto. C’è qualcosa di più grande, che risplende in questa giornata così solare. Qualcosa di sorprendente, specie se consideriamo la storia di Emidio e la sua evangelizzazione nel territorio dei Piceni.
Noi ricordiamo che nel Vangelo ci viene raccontata la reazione di certe persone davanti a Gesù:
“Cosa mai ci potrà dire di nuovo, cosa c’è da aspettarsi da uno che viene da Nazareth?”, dicevano gli altolocati personaggi (il Sinedrio) della città di Gerusalemme. E il Popolo lo ripeteva.
“Cosa mai ci potrà dire di nuovo, cosa c’è da aspettarsi da questo straniero che viene da Treviri?”, dicevano i personaggi influenti del romanizzato popolo dei Piceni, quando incontravano Emidio e i suoi compagni mandati dal Papa a portare il Vangelo.
Lo straniero, si sa, è uno estraneo alla nostra città, uno dai modi e dal linguaggio “strano” rispetto al nostro stile e al nostro mondo.
Invece nel Vangelo troviamo che Dio agisce sempre in modo diverso, un po’ inaspettata: per cambiare la storia Dio non si serve dei notabili, di chi sta al centro, ma di chi viene dalla periferia, di chi non rientra “nei nostri giri”, di chi è portatore di un pensiero diverso e talvolta divergente. Per cui si crea sempre una certa tensione tra chi è al centro (e che spesso è preoccupato di difendere le sue posizioni) e colui che Dio manda.
In questo modo, mandandoci persone da fuori, Dio evita che la realtà ristagni, che ripetiamo sempre le stesse cose, che ci sentiamo al sicuro nel continuare ad affermare la nostra immutabile identità.
Una società e una Chiesa che si guarda sempre l’ombelico, compiacendosi sempre di sé stessa, prima o poi muore, come Narciso insegna!
Nella Bibbia Dio si serve sempre degli “stranieri” o di quelli da cui non ci si aspetta niente, i piccoli e i poveri. Anche i profeti in Israele danno sempre l’impressione ai loro contemporanei di approdare come da un pianeta diverso, dicono una parola che non ci si aspetta che essi dicano.
Così avviene il miracolo: Dio può parlare al suo Popolo. Dice Dio: come faccio a dirti ciò che penso io e ciò che voglio io, se tu non ti apri mai ad una Parola diversa dalla tua e continui a ripetere solo ciò che dici e pensi tu?
Anche per la Chiesa, per la nostra Chiesa, vale lo stesso discorso.Le dice il Signore: se pensi di rimanere sempre tale e quale; se pensi che mentre il mondo cambia tu debba rimanere ferma nelle abitudini di sempre; se credi davvero che non sia tu a doverti fare prossima alle persone ma che siano gli altri a dover stare al tuo passo e al tuo ritmo, stai tranquilla che perderai ogni capacità di toccare il cuore delle persone! La Parola di Dio non ci troverà disposti ad essere testimoni autentici della Sua forza e della Sua bellezza, se la Chiesa in ogni stagione della sua vita non sarà disposta a convertirsi, a riformarsi, per obbedire alla Parola di Dio, per obbedire ad una spinta dello Spirito che Dio inspira: Ecclesia sempre reformanda!
Quanto ci ha fatto bene, come comunità cristiana, vivere il Cammino Sinodale in questi due anni! Rimettersi in ascolto dello Spirito, con orecchi e cuore nuovi, metterci in ascolto tra di noi e in ascolto di tutti, anche di quelli che sono estranei e lontani dalla Chiesa. Ci ha fatto proprio bene! Interpellare la Parola di Dio con domande nuove, quelle che nascono dal confronto con i nostri contemporanei, ha fatto sì che dalla Parola di Dio emergessero nuove indicazioni per noi Chiesa oggi, indicazioni che abbiamo fissato nelle proposizioni approvate dall’Assemblea sinodale. Ringrazio con autentica gratitudine tutti gli “stranieri”: i ragazzi critici verso la Chiesa perché la considerano ormai vecchia ma che sono assetati di spiritualità; i cercatori inquieti e mai contenti del senso della vita; gli interpreti più lucidi della cultura del nostro tempo; le famiglie diverse da quella tradizionale; le famiglie con ragazzi fragili; quelle in situazione di povertà; le persone omosessuali; quelle che fuggono dalla guerra e dalla fame… Tutte persone che ci hanno messo in crisi e fatto interrogare, che ci hanno spinto ad interrogare di nuovo il Signore: Signore, come vuoi la Chiesa, in questo tempo? Cosa vuoi da noi? Come vuoi che annunci l’eterno Vangelo della misericordia di Dio?
Lo so, in questo nostro tempo la comunità cristiana vive una qualche forma di persecuzione. E’ diffuso l’atteggiamento allegramente distaccato e superficiale di chi pensa che ormai la Chiesa sia arrivata ad un binario morto, al capolinea; pensa che non abbia futuro, perché priva della capacità di rinnovarsi. Eppure questo tempo è un tempo di ritorno alla spiritualità, è finito l’atteggiamento “scientista” di chi dice che Dio non c’è, è finito da molto tempo ormai; i sociologi parlano di una sorta di ritorno al sacro e di fatto noi vediamo tanti segni di questa fame profonda di senso e di bellezza che ci interpella profondamente. Questa situazione richiede che la Chiesa faccia “autentiche acrobazie”, veri salti in avanti e non qualche passo in più guardingo e prudente. Per affrontare questa sfida non basta più qualche “ritocco”, non basterà! Ma noi accettiamo la sfida! Anche perché questo non significa affatto non essere fedeli al Vangelo, significa anzi essere fedelissimi al Vangelo, perché si tratta di obbedire a quelle ispirazioni dello Spirito che il Signore ci invia attraverso la sua Parola e attraverso le provocazioni degli “stranieri”, perché Egli vuole riformare la sua Chiesa e renderla più fedele alla Parola e allo stile di Gesù. Il Vangelo ha una potenza e una bellezza che ci entusiasma e ci esalta, che ci fa fremere il cuore! Per esso tanti hanno dato la vita e la danno ancora…e noi Chiesa di Ascoli siamo gli eredi di coloro che hanno dato la vita, di Emidio e dei suoi compagni martiri, che all’inizio sono stati osteggiati e disprezzati e combattuti! E oggi siamo qui a dirgli il nostro grazie perché ci ha portato il Vangelo, che ci è entrato nel cuore e ha plasmato il nostro modo di pensare l’uomo e il mondo. Così noi siamo chiamati ad accettare la sfida, la sfida di annunciare il Vangelo in questo nostro tempo. La Chiesa dovrà essere riformata in modo tale da diventare quello strumento agile e leggero, capace di vivere la missione oggi. Saremo in grado di realizzare questa riforma? Di accettare questa sfida? Io credo proprio di sì! Il Cammino Sinodale ci provoca ad avere questa disponibilità alla conversione pastorale. E noi siamo ancora lì, dubbiosi, a chiederci se è il caso o non è il caso fare questa riforma? Ricordate le parole di papa Francesco: “preferisco una Chiesa ferita, accidentata e sporca per essere uscita tra le strade in mezzo alla gente”, una Chiesa che prova ad andare avanti, e poi si accorge magari di aver sbagliato direzione, e allora ritorna indietro e tenta un’altra strada; una Chiesa che tenta, sbaglia e impara dai propri errori, piuttosto che una Chiesa statica e bloccata, che muore di inedia! Morta di stanca e ossessiva ripetizione di quello che ha sempre fatto!
Carissimi, la Chiesa apostolica ricordava le parole di Gesù del Vangelo di oggi. Gesù aveva detto di non meravigliarsi: nella storia ci sono guerre e rivoluzioni, pandemie e terremoti, e persecuzioni da fuori e da dentro. C’è anche il fenomeno tristissimo del tradimento degli amici, dei fratelli, dei parenti (Giuda insegna!). Di fronte a tutto questo saremmo tentati di avvilirci e di disperarci: chi potrà non soccombere sotto i colpi della storia umana? Ma tu non desistere, dice Gesù: hai sperimentato la grazia della Parola di Dio, il Vangelo come grazia (Lettera ai Romani). La parola di Gesù ti ha rivelato fin dall’inizio della tua vita che tu sei re! La grazia del Vangelo ti ha aiutato a comprendere che sei libero (il basilico: sei re!), più forte delle avversità umane, “tribolati, ma non schiacciati” (lettera ai Corinti) e nonostante tutto con il cuore gonfio per l’amore riversato dallo Spirito, per cui ancora più determinato a cercare la fraternità e la solidarietà pur in mezzo alle tribolazioni! Hai imparato a soffrire per amore: a patire, a scoprire che dentro di te questa sofferenza fa crescere una virtù provata, hai imparato a custodire la speranza, nonostante tutto, dice la seconda lettura.
Anche in tempi difficili, anche nelle persecuzioni ti verrà donata Parola e Sapienza per rendere testimonianza agli altri del regno di Dio, dice Gesù nel Vangelo! E nei versetti successivi Gesù ci dice il segreto: quando tutto sembra crollare, tu non perdere la speranza e “alza il capo e contempla il Figlio dell’Uomo che viene sulle nubi del Cielo, perché la tua liberazione è vicina!”
“Alza il capo e contempla il Figlio dell’Uomo”: questo è l’atteggiamento profondo di fede da custodire anche in mezzo alle tribolazioni, ci dice Emidio. Il Vangelo non è un “libretto”, ma, testimoniato da questa piccola comunità cristiana delle nostre origini, è messaggio di speranza per tutti, messaggio di misericordia, di dignità umana, di sogno di solidarietà! Il Vangelo è capace di fermentare dentro di noi, di guarirci da quegli stordimenti e dai quei vicoli cechi, in cui ci infiliamo quando cerchiamo solo il nostro “star bene”, l’accontentarci di un po’ di piacere individuale, senza farci troppe domande su come stanno gli altri e su che mondo lasciamo ai nostri figli. Il Vangelo ci strappa da questo egoismo disincarnato e ci rimette nella storia. Emidio è il più grande rivoluzionario del Piceno perché ci ha portato il Vangelo!
Alla luce di tutto questo in processione porterò il Vangelo e un diacono la reliquia del braccio! E’ il segno che riconosciamo con gratitudine colui che con il Vangelo ci ha dato la sua stessa vita. Amen!